BIVACCO GIOVANI 2016

Io e i miei vent’anni

Siamo qui, io e i miei vent’anni, immersi nell’incessante attesa di qualcosa. I miei vent’anni, calamite per domande troppo ingombranti e fastidiose. Penso che capiti a tutti prima o poi di scavare a mani nude dentro se stessi e cercare risposte per porre a freno i tormenti. Noi esseri umani siamo fatti così, abbiamo un’enorme crepa da qualche parte che sentiamo l’esigenza di colmare, vogliamo pervenire a un senso che ci disseti totalmente. L’angoscia della ricerca non sa darci tregua. A volte, mentre siamo preda di domande troppo pesanti per le nostre spalle, capita che la vita ci offra degli spiragli da cui attingere ossigeno per riprendere fiato. Uno di questi spiragli per me è stato il bivacco Giovani a Viola. Sono arrivata senza conoscere nessuno, iniziando un’esperienza che sapeva d’incognita. Parola dopo parola, sorriso dopo sorriso, mi sono vista parte di una famiglia in cui i componenti si sostengono a vicenda e viaggiano verso un obiettivo comune. Questo bivacco ha avuto come tema portante le virtù teologali, dono di Dio all’uomo e testimonianza della sua presenza nel nostro agire. D’altronde Fede, Speranza e Carità sono le tre stelle che Dante vede quando sta quasi per compiere il passaggio dall’Antipurgatorio al Purgatorio vero e proprio, sede di chi attende la propria salvezza. Qui si è tesi verso il raggiungimento della pienezza umana, si aspetta di giungere tra le braccia del Padre. In questo luogo avviene la liberazione, la rottura delle catene. L’esule ritorna finalmente in patria. Beatrice stessa, la Gentilissima, si veste delle tre virtù teologali nel Paradiso Terrestre. Fede, Speranza e Carità vengono rappresentate attraverso un velo bianco, un mantello verde e un vestito rosso. Il secondo giorno, durante un momento di riflessione, mi passavo fra le mani un foglietto su cui c’era scritto: “Che cos’è per te la speranza?”. Sulle altre domande ho tentennato parecchio, ma su questa non ho proprio avuto dubbi. La speranza, cari ragazzi, sono le persone come voi. Perché dai vostri occhi, a partire dal primo sguardo che ci siamo scambiati, ho respirato accoglienza. Perché mi avete fatto sentire parte di un qualcosa di estremamente bello e vero. Perché sapete volervi bene ed essere complici. Perché la vostra Fede, così forte e profonda, è la risposta più bella che io abbia trovato finora. Grazie a Pep e Marco per avermi portata sulle spalle durante i giochi della prima sera e a Giovanni, Elia e Fabio per avermi intrattenuto durante i pranzi e le cene passandosi gli oggetti più strani che trovavano in giro. Grazie a Caterina che mi conosce come “Cobby” e che ha contribuito a farmi sentire a casa con la sua dolcezza. Grazie a Carolina, fautrice insieme a me di scherzi mai messi in atto e a Clara, che crede fermamente di avermi già vista da qualche parte. Grazie a Steba e a Paolo, gestori indiscussi dell’angolo fumatori, e a Diego che con la sua profondità è stato in grado di farmi commuovere. Grazie a Jessica per i discorsi sui temi più disparati, a Lorenzo per i suoi sorrisi, e a Silvia, che fin da subito si è preoccupata per me e che sarà senz’altro una maestra eccezionale. Grazie all’Irene che mi ha offerto da bere e che è stata la prima a salutarmi voltandosi sul sedile posteriore della macchina, e a quella che ha dormito sopra di me e con cui abbiamo affrontato la paura che potesse venire giù il letto, a causa delle corde legate intorno al fine di non fare entrare i maschi. Grazie a Giamba, che appena arrivato ha asciugato i piatti al posto mio e a Luigi, che sa essere leggero e riflessivo allo stesso tempo. Grazie ad Elena per la chiacchierata sulla panchina, per il ramo di frassino e per le domande insistenti a cui non ho risposto, ma che in realtà mi hanno fatto immensamente piacere e mi hanno rivelato quanto sia premurosa nei confronti degli altri. Grazie ad Andrea che sa conciliare al suo interno la saggezza di una guida con la follia di un compagno di giochi, al muscoloso Marco che emana un’incredibile tranquillità e a Cristina, che si è interessata di come guidassi dopo due limoncelli e che sa interpretare il ruolo della Cinese come nessun altro. Infine grazie ai cuochi che si sono dati da fare per noi e ci hanno regalato pasti deliziosi (soprattutto i krapfen, anche se devo ancora capire quali siano quelli con la marmellata e quali quelli con la Nutella) e grazie a Don Giovanni, che ogni giorno mi ha chiesto come stavo e a cui, dato che deve cambiare macchina, non ho consigliato la Cinquecento perché è troppo alto. Questi due giorni sono stati un’occasione per mettere un po’ in ordine le tante cose che si mischiano dentro di me, e una prepotente fonte d’ispirazione per tutto quello che sarà. Mi sono veramente chiesta a che punto sia giunta la mia Fede e a che punto sia giunta io, nel mio tortuoso cammino di persona alla ricerca di un senso.

Francesca

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